L'esperienza di Federica e Ilaria Federica: Durante l’estate 2021 ho passato settimane a cercare associazioni di volontariato a Monza, temendo però che, non avendo ancora 18 anni, fossi ritenuta troppo piccola per questa esperienza. Un giorno scorro un lungo elenco di nomi e trovo per puro caso l’Avita Carrobiolo; capisco di cosa si tratta e scrivo una mail per informarmi ancora, però, con molti dubbi e incertezze non avendo mai intrapreso un’esperienza simile. Il giorno successivo mi risponde Caterina, una delle educatrici, dicendo che vorrebbe conoscermi di persona per farmi vedere la struttura e raccontarmi un po’ di più della loro associazione.
Questa proposta mi intimorisce, quindi decido di chiedere a mia sorella Ilaria di accompagnarmi; non so cosa mi aspetta e non voglio fare brutta figura. Dopo essere andata al Carrobiolo e aver conosciuto educatori e ragazzi ho capito che quello era esattamente il posto adatto per me per diventare volontaria per la prima volta, perciò ad ottobre è iniziato ufficialmente il mio percorso. Mi spaventava il fatto di dover aiutare dei ragazzi poco più piccoli di me e mi chiedevo se effettivamente avrei potuto insegnargli qualcosa; all’inizio avevo paura di dire cose sbagliate, di non fare abbastanza o di essere ancora troppo inesperta, ma con il tempo mi sono sentita sempre più a casa. Se prima il C.A.G. era per me un semplice aiuto con i compiti, poi è diventato sorrisi, scambio di idee e spensieratezza. Mi ricorderò sempre il giorno in cui si presenta davanti all’entrata una ragazza che aiuto sempre in francese dicendo di avere un regalo per me: nascosta dietro la schiena stringeva una rosa che aveva comprato poco prima. Me la porge e io, incredula, in quell’esatto momento capisco che prova davvero gratitudine nei miei confronti. Sono questi i momenti che rendono per me il volontariato uno scambio reciproco; non saranno le mie capacità nello spiegare un esercizio di matematica a creare un rapporto umano tra noi, ma dedicarle del tempo, osservare i suoi progressi e come cambia la sua fiducia nei miei confronti mi fa capire che ho fatto la scelta giusta ad intraprendere questa esperienza.
Ciascuno dei ragazzi è riuscito a farmi superare i dubbi sulle mie capacità, ma il merito più grande è, però, degli educatori: Caterina e Mirko sono stati, e sono tuttora, due punti di riferimento. Dal mio ingresso in associazione hanno sempre trovato il giusto tempo da dedicarmi quando avevo bisogno, facendomi sentire ascoltata e supportata. Qualche volta dai miei amici mi sono sentita dire la frase: “Ma, scusa, con che voglia passi un intero pomeriggio lì?” . L’unica risposta che riesco a dar loro e a me stessa è che per me il volontariato è diventato tutto tranne che un peso. Dopo 5 ore di scuola sono felice di passarne altrettante in un luogo pieno di ragazzi che si aiutano, che vogliono imparare e che allo stesso tempo sono in grado di farmi imparare qualcosa di nuovo ogni settimana. Ilaria: Quando mia sorella mi ha chiesto di accompagnarla a conoscere l’associazione ero molto titubante. Probabilmente anche a causa dei due anni di pandemia, ero abbastanza diffidente davanti alle nuove esperienze e il cambiamento mi aveva sempre fatto un po’ paura.
Probabilmente anche a causa dei due anni di pandemia, ero abbastanza diffidente davanti alle nuove esperienze e il cambiamento mi aveva sempre fatto un po’ paura. Essendo senza senza aspettative particolari, mi sono lasciata subito coinvolgere. Credevo che quell’incontro non avrebbe avuto effetti a lungo termine sulla mia vita ed ero pronta a dimenticarlo presto nella fretta con cui accadono le cose. Veniamo subito accolte da Caterina. Il calore che questo posto e le sue persone sono in grado di trasmettere mi è subito apparso evidente. In seguito, nel suo ufficio, Caterina ci ha parlato dell’associazione, del C.A.G. e di come avremmo potuto dare una mano, mettendoci immediatamente a nostro agio. Terminato l’incontro ho capito che era arrivato il momento di uscire dalla mia bolla e lanciarmi in qualcosa di nuovo, senza il timore di cadere nel vuoto. È stata una strana sensazione all’inizio, nuova di sicuro. I ricordi di quel giorno sono un po’ sfuocati perché ormai è passato qualche mese e il mio modo di vivere il volontariato si è evoluto. Quello che però è limpido nella mia mente è il desiderio di essere utile, di fare la mia parte, anche se piccola. In questi pochi mesi è andato creandosi un rapporto speciale sia con gli educatori, che non mi hanno mai lasciata sola, sia con i ragazzi, che ho imparato a conoscere pian piano, riconoscendo in loro la me di qualche anno fa. Non sono tanti gli anni di età che ci separano ma credo che questo possa essere un punto di forza: ho avuto la loro età molto recentemente e posso provare ad immedesimarmi in loro piuttosto facilmente. Alcuni tra i ragazzi con il tempo si sono aperti, raccontandomi di loro e riducendo la distanza, apparente, che inizialmente ci poteva separare. Se l’aiuto che posso dare è piuttosto piccolo, quello che il Carrobiolo, i ragazzi e gli educatori stanno dando a me è molto più grande. Ogni giovedì diventa per me occasione per vivere esperienze nuove, calarmi in un ruolo differente e fare quello che, forse per la mia timidezza o forse perché non ne avrei avuto l’occasione altrove, non avrei mai fatto. Il bello di questo posto è che si cresce insieme, ogni persona può lasciarti qualche cosa, un pezzo di sé da tenere stretto ogni giorno. Dopo due anni di pandemia, quello di cui avevo bisogno, ma di cui non mi rendevo conto e che invece ho trovato qui, era il confronto, lo scambio, l’incontro con l’altro. Sono ormai diventate familiari l’aula azzurra del CAG, gli occhi dei ragazzi con cui ripeto le alleanze della prima guerra mondiale, il cancello da cui sono entrata titubante alla fine di settembre. In questi mesi, giovedì dopo giovedì, sto scoprendo me stessa e gli altri. Spero, e credo, che la scoperta non abbia mai fine.
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